L’8 maggio scorso la Procura di Macerata ha chiesto l’ergastolo per Innocent Oseghale per omicidio volontario, violenza sessuale, vilipendio e occultamento di cadavere. La sentenza della Corte d’Assise è arrivata pochi giorni fa, mercoledì 29 maggio: Innocent Oseghale è stato condannato al massimo della pena, l’ergastolo. Parliamo evidentemente dell’omicidio di Pamela Mastropietro, la 18enne romana morta il 30 gennaio 2018 a Macerata in un modo atroce, nella notte tra il 30 e il 31 gennaio in due trolley abbandonati in un fossato a Pollenza, in provincia di Macerata, fu ritrovato il suo corpo fatto a pezzi. Il giorno prima del suo decesso la ragazza era scappata dalla comunità di recupero per tossicodipendenti di cui era ospite da circa tre mesi. Un caso che ha scioccato tutto il Paese e di cui ovviamente si continua a parlare. Pamela aveva un fortissimo legame con Santa Marinella, sua città di adozione, dove tuttora risiedono i nonni materni e lo zio, l’avvocato Marco Valerio Verni, il quale ci ha rilasciato un’intervista dopo l’attesa sentenza: “Diciamo che abbiamo ottenuto il massimo che si poteva, ma allo stesso tempo siamo consapevoli che questa sentenza non riporterà in vita Pamela. Abbiamo raggiunto un primo risultato, ma sappiamo che ci aspettano i prossimi gradi di giudizio”.

Altri filoni. Resta il forte dubbio che Oseghale abbia agito completamente da solo: “E’ difficile pensarlo – conferma lo zio di Pamela – infatti stiamo lavorando anche in questa direzione. Abbiamo indicato alcuni profili, ad esempio quello di un altro nigeriano, Desmond, che potrebbero avere avuto un ruolo attivo nell’omicidio. Da questo punto di vista l’archiviazione non l’abbiamo capita”. Infine il fattore legato alla mafia nigeriana: “Ci sono 4000 pagine di indizi gravi, legati a Oseghale e Desmond, ma non solo, i quali sembrano poter far parte di un’organizzazione criminale. Ce lo dicono le intercettazioni, segni di affiliazione sulla pelle e altre indizi molto chiari. Per questo stiamo procedendo anche su questo fronte”.