Effetti da coronavirus: “Gli asmatici non sembrano soggetti più a rischio”

Lo sostiene Giovanni Ghirga, Medico Pediatra. "La possibilità che alcuni farmaci antiasmatici possano attenuare la gravità della malattia potrebbe avere un importante risvolto terapeutico"

“Ad oggi le persone affette da asma bronchiale non sembrano essere più a rischio delle altre nel caso contraggano l’infezione che causa la COVID-19. La possibilità che alcuni farmaci antiasmatici possano attenuare la gravità della malattia potrebbe avere un importante risvolto terapeutico”. Lo sostiene Giovanni Ghirga, Medico Pediatra. “L’asma bronchiale è una di quelle malattie respiratorie croniche che potrebbero mettere a rischio i pazienti che ne soffrono nel caso in cui contraessero l’infezione da SARS-CoV-19. Tuttavia, nonostante l’asma sia una patologia respiratoria molto frequente, circa 235 milioni di persone nel mondo sono affette da asma bronchiale secondo l”OMS, i dati attuali in possesso della comunità scientifica internazionale non supportano il fatto che l’asma aumenti la probabilità di avere un’infezione più grave da SARS-CoV-2. Uno studio che ha preso in considerazione le caratteristiche cliniche di 140 pazienti affetti da COVID-19, ricoverati in 7 ospedali a Wuhan (Cina) con polmonite, non ha riscontrato l’asma come comorbidità in nessuno dei pazienti. I dati relativi a 1.099 pazienti, con COVID-19 confermata in laboratorio, ricoverati in 552 ospedali cinesi, in 30 province, non hanno trovato l’asma tra i disturbi coesistenti. In Cina, la prima indagine a livello nazionale su un ampio campione e una importante rappresentazione delle regioni geografiche di tutto il paese, ha valutato sistematicamente l’impatto delle comorbidità sulle caratteristiche cliniche e sulla prognosi dei pazienti ricoverati per COVID-19; gli autori non hanno riscontrato l’asma tra le comorbidità. Un rapporto su 3.200 pazienti deceduti, positivi per SARS-CoV-2 in Italia, non riporta l’asma tra le malattie coesistenti. Le ragioni per cui essere affetti da asma bronchiale, una malattia respiratoria cronica, non sembra aumentare il rischio di infezione moderata o grave da SARS-CoV-2, come accade invece con l’influenza, non sono note. Tuttavia, una analisi molecolare che ha preso in considerazione decine di migliaia di farmaci e sostanze naturali, al fine di valutare rapidamente la loro efficacia nel contrastare il virus della COVID-19, ha dimostrato che il montelukast, il formoterolo e il reproterolo, farmaci comunemente usati per la prevenzione dei sintomi dell’asma, potrebbero avere una attività antivirale; ulteriori esperimenti antivirali in vivo e in vitro devono essere comunque effettuati per confermare questa attività. Tuttavia, il montelukast insieme a una potenziale attività antivirale, possiede effetti antinfiammatori che si estrinsecano non solo bloccando direttamente i recettori dei leucotrieni, ma anche inibendo l’espressione di citochine e chemochine nei macrofagi. Nella infezione da COVID-19 è molto difficile dimostrare un effetto protettivo degli steroidi somministrati per via inalatoria poiché, quando utilizzati in pazienti con malattia moderata o grave, non ne è stata dimostrata l’efficacia eccetto nei casi complicati da sindrome da distress respiratorio acuto. In aree con una alta incidenza di persone infettate dal virus, i pazienti che soffrono di asma, sia che abbiano o non abbiano avuto sintomi indicativi di infezione da COVID-19, dovrebbero ricevere un test anticorpale e quelli positivi per SARS-Cov-2 dovrebbero essere studiati dal punto di vista della terapia che stavano assumendo. Un effetto protettivo del montelukast e/o del formoterolo o del reproterolo potrebbe essere così confermato o escluso”.