Cattivi pensieri, di Giampiero Romiti. E’ la somma che fa il Totalerg. Confservizi addio. Un monumento naturale chiamato Frasca

Nuovo corsivo domenicale per il noto giornalista. Spazio all'Authority alla "tegola" Totalerg e alla politica

E’ LA SOMMA CHE FA IL TOTAL(ERG) – Eh sì, fosse ancora tra noi e soprattutto dalle parti di Molo Vespucci (nel cuore dello scalo marittimo), Antonio De Curtis – al secolo l’indimenticato e ineguagliabile Totò – la celeberrima frase l’avrebbe ripetuta (sottolineata da risate a crepapelle), dedicandola all’Adsp (tuttora chiamata Autorità Portuale). Che è stata condannata dal Consiglio di Stato a pagare 12 (dodici) milioni di euro per aver raddoppiato la tassa per carbone e oli minerali. La storia di tale imposta vale la pena ripercorrerla, sia pure rapidamente, per capire e (visto che qualcuno fa lo gnorri) essenzialmente ricordare come sia iniziata e perché abbia avuto un epilogo così clamoroso. Ebbene, venne applicata il 1 luglio 2012 “e – come riporta dettagliatamente il giornale telematico Trc – incrementata a decorrere dal 1 aprile 2014 a seguito della decisione dell’allora Comitato Portuale guidato dal presidente Pasqualino Monti. Avverso siffatta decisione ci fu il ricorso di Total Erg, che seguì lo stesso di alcune società (esattamente tre), alle quali aveva già dato ragione il Tar del Lazio. Successivamente, “governata” dal nuovo presidente Di Majo, l’Authority decise di ricorrere al Consiglio di Stato”. Il quale ha confermato la bocciatura del Tribunale Amministrativo ed ecco che siamo alla notizia del “bel” mucchietto di euro che dovrà spiccare il volo dalle casse dell’Authority. E di certo la sentenza non ha fatto toccare il cielo con un dito al “numero uno” Pino Musolino che non ha esitato a definirla “è grave per l’Ente sia per il fatto in sé sia per l’impatto prodotto e che purtroppo produrrà sulla situazione economico finanziaria e nondimeno per le dinamiche che hanno provocato quello che appare come un danno erariale”. Passaggio assai importante quest’ultimo, dalla valenza maiuscola in virtù della spiegazione dello stesso Musolino che non esita a puntare il dito contro Di Majo “che – sottolinea – era stato autorizzato dal Comitato di Gestione a chiudere un accordo transattivo a meno di 9 (nove) milioni di euro. Perchè non si sia ritenuto di sottoscrivere detta transazione – aggiunge – senza neppure motivarlo allo stesso Comitato di Gestione è un aspetto peculiare che andrà approfondito, dovendo ora l’Ente pagare diversi milioni in più. Di certo – arriva la conclusione – andrà ricostruita la vicenda relativa a tale procedimento amministrativo, chiedendo conto dell’accaduto. Come necessario corollario, tutti gli atti dovranno essere trasmessi alla Corte dei Conti, cui spetterà di verificare se sia stato effettivamente procurato un danno all’erario”. Non c’è dubbio alcuno, la sentenza del Consiglio di Stato si è rivelata una sorta di meteorite abbattutosi sul “tempio” di Molo Vespucci , che ha spinto alcuni media a sparare bordate con perfido sarcasmo (“grazie all’ennesimo capolavoro prodotto dalla fervida intuizione dell’ex presidente Di Majo, l’ente dovrà pagare oltre 12 milioni di euro”) oppure tout court titoli accusatori (“Grave che Di Majo non abbia transato”). Il tutto in diretta conseguenza della dettagliata descrizione di Musolino. Sicuramente figlia di una reazione più che legittima, ma che si presta a considerazioni almeno a nostro avviso di una semplicità financo disarmante. Addebitare a Di Majo la responsabilità della mancata transazione ci potrebbe stare epperò nel contempo perché neppure un timido accenno sulla reale natura del gigantesco inguacchio (o pastrocchio se più piace) che ha generato l’abbondante emorragia finanziaria? A chi ha applicato la tassa ritenuta irregolare dal Consiglio di Stato si deve forse erigere un fantastico monumento dinanzi all’ingresso principale del palazzo dell’Adsp per l’efficienza e la eccezionale competenza (uahahahahah!!!) dimostrate? Eppoi, perché non essere un pochino, mica tanto, più precisi quando si pigia il tasto dei milioni da sborsare? Sostiene Musolino: “con la transazione l’ente avrebbe pagato diversi milioni in meno”. Ovvero: 3 (tre), dato che stando sempre alle parole del presidente, l’esborso sarebbe stato più o meno ai intorno ai 9 (nove). Allora ? Semplice: sulle spalle di Di Majo (casomai) graverebbe un quarto della cifra complessiva (che ricordiamo è 12 milioni) mentre sui restanti tre quarti cala un silenzio impenetrabile: nessun responsabile, manco a cercarlo con il lanternino ! Fine della storia. Che chiaramente non è una bella storia. Perché se a ragion veduta (a meno che Di Majo non dimostri il contrario) sul suo predecessore Musolino ha riservato una particolare e ragionevole attenzione (sic!!!), non si capisce il motivo per cui non è stato neppure sfiorato colui che ha toppato clamorosamente applicando un balzello improbabile e dunque (valutato) sbagliatissimo: è stato tirato il freno a mano per non incorrere in un incomprensibile reato di lesa maestà ? Certo, meglio non insinuare che sia andata così, ma da Musolino, che sta dando prova di apprezzabile dinamicità e concretezza, poteva arrivare l’analisi di un “caso” così spinoso maggiormente completa. Perché per dirla con il famoso comico George Carlin (abbiamo aperto con Totò e finiamo con lo statunitense peraltro anche attore e sceneggiatore) : “E’ l’intenzione dietro alle parole che le rende buone o cattive”. Chiara l’antifona ? Suvvia, non è mica un rompicapo.

CONFSERVIZI ADDIO – Tre indizi fanno una prova ? Evidentemente. E il sindaco Tedesco, che certamente non dimentica che indossa la toga un giorno sì e l’altro pure per esercitare (brillantemente) la sua principale professione di avvocato, è arrivato alla incontrovertibile decisione di revocare l’incarico di stazione appaltante di Palazzo del Pincio alla Confservizi. Qualcosa da eccepire ? Nulla. Sai com’è: un noto proverbio ricorda che il “troppo stroppia” (o “storpia” se si preferisce) e il Primo Cittadino deve averne fatto tesoro senza che si potesse storcere il naso o pensare ad una inaccettabile esagerazione. Quel che è accaduto si sa: due “gare” riguardanti il rifacimento dei manti stradali annullate di santa ragione per motivi che non potevano assolutamente tramutarsi in volgarissima ma comoda cenere da mettere sotto il tappeto (una sola impresa partecipante per entrambe e ribassi tali da far scompisciare dalle risa pure i polli) e non bastasse il suindicato doppio inghippo è arrivata pure la bocciatura da parte del Tar dell’importantissimo “match” valevole per la conquista del “contratto” per le pulizie degli immobili comunali. Riguardo quest’ultimo appalto si resta adesso in attesa della sentenza definitiva del Consiglio di Stato, cui è ricorso il Comune, ma questo non ha distolto Tedesco dal girare verso il basso il pollice per Confeservizi. E tanto per non cambiare, gli oppositori della giunta centrodestrorsa si sono scatenati. Tra i più abrasivi, manco a dirlo, i pentastellati , secondo i quali “ il sindaco deve aver finito di revocare quanto lasciato da concludere dalla nostra precedente amministrazione e quindi comincia ad autoeliminarsi”. Dove vogliano andare a parare i grillini è fin troppo facile da capire. Ovvero: “ Dopo la cacciata di diversi assessori e amministratori di Csp – sibilano – si è passati all’abrogazione dell’affidamento a Confservizi. Dobbiamo però dire che non abbiamo provato stupore né sorpresa, ricordando che ad ottobre dell’anno scorso segnalammo ad Anac e Funzione Pubblica che non fosse trasparente la procedura che portò alla scelta dell’associazione che adesso Tedesco ha tagliato. Al tirar delle somme – concludono i consiglieri Lecis, Lucernoni e D’Antò – è lampante che l’attuale governo cittadino faccia acqua da tutte le parti e, a differenza di quanto sbandierato in campagna elettorale, non stiamo assistendo ad alcun effetto speciale bensì a situazioni parecchio imbarazzanti”. Quindi il risultato è il solito: maggioranza e opposizione – elementare, Watson – si guardano in cagnesco e danno puntualmente vita a match alquanto serrati. E l’attesa maggiore, ovvio, è quella dell’attesa del verdetto. Che in questo caso, almeno secondo il nostro personalissimo “conteggio”, è un “pari” tondo tondo. Da una parte troviamo il sindaco Tedesco che, malgrado l’iniziale fiducia riposta nell’assessore D’Ottavio (che da quando ha messo piede nella nostra città non ne ha indovinata una: a cominciare dalla sua attività sportiva per finire a quella politica), s’è reso conto che continuare ad affidarsi a Confservizi non avrebbe ricavato, per sé stesso, per la coalizione che guida e per l’impatto nell’opinione pubblica, alcunché di utile (leggi consensi) . Dall’altra i pentastellati cui va riconosciuto di aver avuto subito sentore che l’Associazione scelta dall’ex assessore ai Lavori Pubblici non fosse l’ideale perché tutto filasse liscio circa le “competizioni” per assicurarsi gli appalti: beh, c’è poco da fare e da dire, le situazioni alquanto opache susseguitesi hanno dato loro ragione. Quindi il pari e patta tra i due validissimi protagonisti del vivace “incontro-scontro” non fa una grinza. Applausi per entrambi, ole !

UN “MONUMENTO NATURALE” CHIAMATO FRASCA – Fosse stato un esponente di Forza Italia, gli sarebbe stato attribuito l’orecchiabilissimo motivetto : “Meno male che Leonardo c’è”. Invece lui, Roscioni di cognome e assessore all’urbanistica, fa parte dello squadrone della Lega che non ha ancora composto un inno del genere per cui quel famoso refrain (dedicato a Silvio) sarebbe bello che lo intonassero i civitavecchiesi indirizzandolo appunto al dinamico avvocato per i suoi continui interventi centratissimi e anzitutto di straordinaria utilità per la città. Non è solito, il nostro, piazzarsi sotto i riflettori : preferisce il silenzio che agevola la concentrazione e piazza colpi micidiali per efficacia, brillantezza ed evidente competenza di un settore che nasconde una montagna di insidie (che andrebbero a svantaggio della comunità e naturalmente del territorio) se non lo si analizza con attenzione maniacale. Ha avuto già modo, Roscioni, di guadagnarsi gli onori della cronaca con la nota vicenda del Biodigestore, apparso un pericoloso “mostro” ( che avrebbe inferto l’ennesimo schiaffo al nostro già precario sistema ambientale) ma affrontato (e sconfitto) grazie all’elaborazione di una delibera capace di annichilire le pretese della società Ambyenta fortemente interessata a rifilare a Civitavecchia il cadeau (sic) dell’ennesima servitù. Ed ora un’altra perla si aggiunge alla collana del salviniano: la variante urbanistica al Piano Regolatore Generale concernente la riqualificazione della pineta della Frasca ed il recupero dei siti archeologici “Cappelletto-Columnia- Torre Bertalda”. Un progetto stupendo ed ambizioso (che ha ottenuto il nulla osta dall’area Vas della Regione Lazio e i pareri, acquisiti dall’Adsp, di vari enti tra cui: 1) il Ministero per i Beni e le Attività Culturali; 2) la direzione Capitale Naturale Parchi e Aree Protette della Pisana a seguito dell’istituzione di “MONUMENTO NATURALE LA FRASCA”) che non avrebbe avuto il via libera senza la “modifica” di Roscioni in quanto il “piano” dell’Autorità Portuale di per sé non sarebbe stato conforme alle previsioni del PRG risalente addirittura al 1968, secondo il quale veniva contemplata una diversa utilizzazione di parte dell’attuale zona a “servizi pubblici e agricola speciale”. Quindi un nuovo intervento davvero speciale dell’assessore all’urbanistica ed è comprensibile l’entusiasmo del coordinatore leghista Antonio Giammusso che tributa “un plauso a Roscioni e agli uffici dell’urbanistica per aver portato a termine un provvedimento semplicemente fantastico”. Giusto, non si può non esserne d’accordo. E la ragione è abbagliante. I civitavecchiesi troveranno valorizzata la Frasca sia dal punto di vista naturalistico (con tutela e protezione per la pineta e con spazi appositi riservati ai parcheggi) che da quello archeologico. Adesso non resta che attendere un “no” deciso e grosso come una casa al mega-impianto di pescicoltura in quella stessa zona che dovrà essere un meraviglioso punto di incontro di giovani e anziani che cantando a squarciagola “Meno male che Leonardo c’è” proveranno l’immenso piacere di scoprirsi circondati da un’oasi di verde. Ma sicuramente troverebbero paradossale non potersi immergere nelle fresche e dolci acque antistanti perché rischierebbero di finire in… gabbia.