Cattivi pensieri, a cura di Giampiero Romiti

Nel consueto fondo del noto giornalista si parla dei premi produttività dell'Authority, delle beghe di Csp e dello Stadio del Nuoto

C(ARBONE) S(ENZA)  P(ACE) – Due amici s’incontrano al bar. All’aperto, accarezzati da un sole sfavillànte e scostati il giusto, secondo le regole che vanno rispettate per non incorrere in sanzioni poco piacevoli. Il dialogo è effervescente e non mancano i momenti in cui si alzi il volume della voce perché la distanza imposta non è compagna dei sussurri. E questo permette, a chi si trova collocato ad una decina di metri dall’interessante confronto, di rendersi conto (perfettamente bene) del tema in discussione. Ovvero dell’ormai chiacchieratissima Csp. Che, acronimo di “Civitavecchia Servizi Pubblici”, in un certo senso, per non dire completamente, viene sbertucciata da uno dei due amici che si trovano in quel bar in un pomeriggio di un giorno da favola. E che, rivolgendosi al suo dirimpettaio, con un sorriso beffardo stampato su una faccia da schiaffi, ringhia: “Ma davvero vogliamo ancora chiamarla con quel nome ‘sta municipalizzata che ormai riempie la nostra quotidianità molto di più del fottutissimo coronavirus? Da quello che si legge e si apprende dalla tivvù locale, direi che vada cambiato il suo significato in “Carbone Senza Pace”. E vuoi sapere perché?”. L’altro (amico), colto di sorpresa e incapace di dargli una risposta appropriata, si limita ad annuire: “Certo che sì”.”Ebbene – la spiegazione arriva tutta d’un fiato – le chiacchiere stanno a zero: par di capire che, parlando della partecipata finisce sempre per affiorare la scarsa considerazione per il presidente Carbone. Basti quel che è venuto fuori nel corso di una trasmissione televisiva (su Trc, condotta dal direttore responsabile Antonio Bandinu splendidamente incisivo ed incalzante: complimenti!!! – ndr -), incentrata sul confronto tra il vice sindaco e delegato alle partecipate Massimiliano Grasso e la pentastellata Daniela Lucernoni,(vice del sindaco Cittadino Cozzolino nella precedente legislatura – ndr -), per avere la certezza assoluta che Carbone non è propriamente simpatico al leader della Svolta. E questo lascia presagire che non tanto il futuro quanto l’immediato presente riserverà delle piccanti sorprese”. Senza il bisogno di tirare ancora in ballo i due amici seduti al bar, non serve chissà quale giro di parole forbite per dimostrare, da parte di Grasso, che non sia stata digerita la scelta “tedeschiana” di mettere il bastone del comando di Csp in mano all’avvocato. Nel corso del suddetto confronto, difatti, in risposta ad un “innocente” riferimento della Lucernoni ad una dichiarazione rilasciata da Carbone, Grasso, senza indugio alcuno, ha sparato una risposta scioccante :”Cara Daniela, l’ad di Csp è lunatico e pertanto quello che dice lascia il tempo che trova”. Non si tratta sicuramente di una “bottarella”. Ma per avere un’idea chiarissima di un aggettivo così straordinario quale appunto “lunatico”, basterà consultare la Treccani e apprendere che deriva dal latino tardo “lunaticus” e si riferisce: 1) a chi patisce di eccessi di pazzia ricorrenti con le fasi lunari; 2) a persona che ha carattere strano, estroso, incostante, umore instabile e facile ad alterarsi. E, per completare l’opera, sarà pure bene sapere che certi discorsi “lasciano il tempo che trovano” perché “inefficaci, inutili e vani” (spiegazione inconfutabile come enciclopedia comanda). CHE DIRE? –  Via non scherziamo. Sarebbe pazzesco  aggiungere altro. Quel “lunatico” è la testimonianza tonda tonda della disistima, di Grasso, nei confronti di colui che, contro tutto e tutti, è stato imposto alla guida di Csp nientemeno che dal sindaco Tedesco. La cui decisione evidentemente non è andata giù al “Secondo Cittadino”. Il quale non ha trinciato a mò di battuta il suo giudizio su Carbone: in un momento di sana follia, dimenticandosi (capita) di trovarsi davanti ad un microfono, ha candidamente (capirai…) vuotato il suo personalissimo sacco definendo in prima battuta il massimo esponente di Csp un “lunatico” e poi ha calato il carico da undici:  “quello che dice lascia il tempo che trova”. C’è poco da fare, il Grasso pensiero – così nitido e di facilissima interpretazione (non si presta difatti ad alcun fraintendimento) – comprova che la maggioranza “pinciota” presenta delle lesioni affatto trascurabili. E, in conclusione, per la proprietà transitiva va da sé che il vice sindaco non abbia tollerato la scelta eseguita dal suo “superiore” Ernesto Tedesco. Che sicuramente neppure per un secondo è stato sfiorato dal sospetto di affidare la guida di una importantissima municipalizzata come Csp ad un “lunatico” le cui esternazioni  “lasciano il tempo che trovano”.  Vabbè, basta così. Peggio non si sarebbe potuto “dipingere” Carbone. All’esame della Giunta, comunque, si trova il nuovo piano industriale dell’azienda. E chissà, al pari di chi lo ha elaborato potrebbe lasciare il tempo che trova. In tal caso partita finita: carte, denari, primiera e settebello. Olè!

D’OTTAVIO? PROFONDO ROSSO(CELESTE) – Non poteva andare in maniera diversa: la notizia del PalaGalli “abbandonato” dalla Snc e tornato al suo legittimo proprietario (il Comune) ha tenuto (e tiene) banco negli ambienti sportivi (e non solo). E, a cercare di spiegare le ragioni della consegna delle chiavi, ci ha pensato l’ex presidente del sodalizio rossoceleste e attualmente assessore ai  Lavori Pubblici, D’Ottavio. Il quale, secondo la pietosa abitudine di chi rifugge dall’assumersi le proprie responsabilità addossandole ad altri e dal riconoscere gli evidenti errori che hanno caratterizzato una gestione portata avanti da autentici dilettanti allo sbaraglio, sostiene: “ Stiamo (evidentemente si sente ancora il “padre-padrone” del club, visto che usa il plurale maiestatis – ndr -) pagando i danni perpetrati dall’amministrazione Cozzolino, che non ha mai investito sulla struttura per la manutenzione (Non ciurli nel manico e sia chiaro: ordinaria o straordinaria? – ndr -)e quindi ci portiamo (riecco il “maiestatico”: deve proprio piacergli! – ndr – ) addòsso questo fardello. Ci  adoperemo (ibidem – ndr -) per far ripartire l’impianto, che grazie al lavoro prodotto dalla Snc (ma va??? – ndr -) è stato mantenuto in ottimo stato in questi mesi (davvero? E allora come la mettiamo coi famosi 150.000 euro richiesti per le “carenze strutturali” che tuttora non si sa cosa siano? – ndr -) così da renderlo pronto per l’eventuale riapertura”. E aggiunge, D’Ottavio: “Il sindaco è in contatto con la Fin per trovare il modo di riprendere l’attività a settembre (il “modo” sarebbe quello di far accollare le spese di acqua, luce e gasolio alla Federazione? E’ così o no? Spieghiamolo ! – ndr -) fermo restando che speriamo (aridaje co ‘sto plurale! – ndr -) nell’arrivo di qualche sponsor altrimenti sarà dura”. CHE DIRE? – Cercare di autoassolversi dalla macroscopica colpa di non aver saputo trarre profitto da un’attività commerciale (scuole di nuoto e quant’altro) evidentemente  non curata al meglio, è un debolissimo tentativo di addurre una giustificazione impossibile e la dimostrazione di palese incapacità di operare con profitto in un settore potenzialmente assai prolifico. E alla luce della attuale situazione, anziché avvalorare la tesi di D’Ottavio (“ l’ex giunta grillina non ha mai investito sulla struttura”), sarebbe meglio chiedersi (e convincersi) se non sia stato un errore piramidale affidare la gestione di un patrimonio di inestimabile valore all’ex presidente e alle sue truppe cammellate col rischio, adesso, di ritrovarlo depauperato. Intanto, per gradire, non s’è fatta attendere la velenosa replica dei grillini all’assessore forzista. Ma, per quanto ci riguarda, il tutto rientra nel trito e ritrito batti e ribatti che non suscita neppure uno straccio di interesse. Conta soltanto che il PalaGalli rischia di finire inghiottito dalla fatiscenza. E se ciò avvenisse, la città saprebbe di dover ringraziare la premiata (sic!!!) ditta D’Ottavio & C.

AUTHORITY & PRODUTTIVITA’ – La stoccata del capogruppo leghista alla Regione Lazio, Orlando Angelo Tripodi, è precisa. Secca. Mirata infallibilmente al cuore degli esponenti di fede piddina , che governano l’Autorità Portuale di Molo Vespucci. Durissima l’intemerata, figlia dell’insopportabile fastidio che gli procurano i 500.000 (cinquecentomila) euro che management, dirigenti, impiegati e tutto il cucuzzaro dell’Ente intascano in base al cosiddetto premio di produttività che, come manna dal cielo, arriva alla fine di ogni anno (la suindicata somma riguarda il 2019). “Quello di Civitavecchia è un paradosso – ringhia il salviniano – che ha il sapore della beffa. Mentre nello scalo centinaia di posti di lavoro sono a rischio, i dirigenti, inconfutabilmente del Pd,dovranno spiegare come mai per loro ci sono ricchi premi e cotillons mentre i camalli, i dipendenti di Port Mobility e della Pas e tanti altri operatori rischiano di trovarsi senza un reddito”. Ok, lo sdegno ci sta. Ma, more solito, i signori politici (tutti) pensano esclusivamente ai propri cazzi (partitici), finendo col perdere di credibilità. E questo li danneggia giacchè non giova l’eccesso di partigianeria e neppure la mancanza di obiettività. CHE DIRE ? – L’intervento del “Lega’s man” Tripodi senza il riferimento al Pd si sarebbe rivelato molto più plausibile e apprezzabile, perché avrebbe evitato lo scontato commento “e ti pareva che non mettesse sulla graticola gli odiati “zingarettiani” dimenticando di sottolineare che il tanto indigesto premio di produttività ha gonfiato pure le saccocce di altri manager per nulla sintonizzati sulla lunghezza d’onda piddina”. A parziale discolpa del dinamico Tripodi c’è forse la non piena conoscenza della storia del “sacrario” di Molo Vespucci , ma a colmare tale lacuna avrebbero dovuto pensarci i consiglieri comunali salviniani, che invece, incomprensibilmente, lo hanno fatto schiantare contro un’inopportùna faziosità. E’ vero che in occasione dei precedenti conferimenti del premio non si viveva lo stesso clima (irrespirabile) causato dal coronavirus epperò anche allora non mancavano seri e diffusi problemi di disoccupazione e di precarietà, per cui sia i presidenti (da 240.000 euro annui), sia i dirigenti (da stipendi da nababbi), sia gli impiegati (da mensilità più che “rotonde”)  avrebbero potuto valutare l’opportunità di rinunciare al “malloppo” dovutogli (legittimamente, bene inteso) e costituire un fondo di solidarietà e d’utilità nel caso di una situazione fortemente critica per il comparto portuale. E al riguardo abbiamo avuto il piacere di imbatterci in un meraviglioso “pezzo” apparso su un giornale telematico, dal titolo “Le urla degli ignavi”, che è una sorta di marchio a fuoco, impresso praticamente da sempre sulla “pelle” dell’Autorità Portuale. Che non è stata mai sfiorata dall’idea di “fraternizzare” con il mondo del lavoro esterno o di compiere significativi slanci di solidarietà,  preferendo restare inchiavardata nel proprio doratissimo compartimento stagno. Circondata dal silenzio tombale di sindacati e in particolare dei politicanti da strapazzo in ordinata fila nell’attesa di adempiere al “rito” del  leccaggio ai miracolati (presidente e segretario generale) dallo spoils system (la Lega non sa cosa sia ?), che immancabilmente li catapulta nella stanza dei bottoni. Le pare, egregio Tripodi?